Il terribile segreto di Xi Jinping che succede a se stesso di Federico Rampini
Il successo del presidente a questo punto non è scontato: quando è cominciata l'era di Xi, nel 2012, l'economia cinese correva ancora oltre l'8% di crescita, dopo un trentennio a doppia cifra. Lo slancio si è fatalmente ridotto fino al deludente 3% dell'anno scorso. Un calo causato secondo gli analisti internazionali dagli errori di calcolo di Xi Jinping: non solo la politica Covid Zero abbandonata dopo tre anni di lockdown che hanno paralizzato l'economia. A carico di Xi viene messa anche la campagna marxista-leninista che ha punito e frenato le imprese private più innovative della Cina. E poi, la scelta di campo a favore della Russia di Putin alla vigilia dell'invasione dell'Ucraina ha ulteriormente isolato Pechino.
Durante questo Congresso Nazionale del Popolo (la sessione annuale del parlamento), Xi ha tradito la sua preoccupazione, quando ha addebitato le "difficoltà senza precedenti del nostro sviluppo economico" alla politica degli Stati Uniti di "contenimento, accerchiamento e repressione" delle legittime aspirazioni di crescita cinesi. La competizione feroce tra la superpotenza americana e la superpotenza cinese emergente sarebbe comunque scoppiata. Ma è chiaro che l'aggressività di Xi, l'espansionismo nel Mar cinese meridionale, le minacce alla democrazia taiwanese, la repressione delle libertà a Hong Kong, la proclamazione dell'obiettivo di dare alla Cina il dominio anche nell'alta tecnologia e nell'intelligenza artificiale, hanno accelerato la rotta di collisione con gli Stati Uniti.
E l'appoggio all'avventurismo di Putin ha spinto anche gli europei a riallinearsi con Washington. In questi giorni di Congresso, Xi ha lanciato anche una nuova parola d'ordine per i compagni dirigenti: "Mantenere la calma, restare determinati, cercare il progresso nella stabilità, restare uniti e avere il coraggio di lottare".
I politologi occidentali si stanno interrogando sul significato dell'appello: un invito alla cautela o alla battaglia ideologica? Da oggi Xi ha un nuovo vice alla presidenza della Repubblica: è Han Zheng, vecchio navigatore della politica mandarina, andato in pensione da vicepremier perché ha raggiunto i 68 anni di età (Xi di anni ne sta per compiere 70 a giugno, ma è il fuoriquota per eccellenza e nel 2018 aveva fatto modificare la Costituzione per poter superare il limite dei due mandati presidenziali).
Anche Xi era stato vicepresidente, ma quando i compagni della dirigenza allora collegiale lo avevano nominato, nel 2008, aveva 54 anni e tutti sapevano che era destinato a salire al vertice. Han Zheng invece si dovrà accontentare di un incarico cerimoniale: il suo compito è segnalare una volta di più che Xi Jinping non ha ancora fatto emergere un compagno capace di succedergli tra cinque anni.
Il Congresso Nazionale del Popolo ha varato una grande riforma dell'apparato di governo statale (che si chiama Consiglio di Stato): si stringe la supervisione del settore finanziario che vale 60 mila miliardi di dollari ed è considerato un "rinoceronte grigio" (un pericolo probabile ma ignorato secondo il gergo degli economisti); viene rafforzato il controllo sulle aziende che raccolgono i dati dei consumatori con la costituzione di un Bureau nazionale; ristrutturazione del Ministero per lo sviluppo scientifico e tecnologico che deve spezzare l'accerchiamento occidentale; è annunciata anche uno spostamento ad altri incarichi del 5% del personale della pubblica amministrazione attualmente alle dirette dipendenze del Consiglio di Stato.
Nel pacchetto c'è anche una riduzione degli stipendi (a quanto pare troppo generosi) dei mandarini che presiedono il settore finanziario: Xi ha appena ricordato che "i banchieri non sono gente speciale, superiore, esentata dalle pratiche del Partito" e debbono abbandonare la teoria secondo cui "conta solo il denaro e la Cina deve allinearsi all'Occidente".
La riforma del governo ha ricevuto 2.951 voti favorevoli e 1 contrario. Negli Stati Uniti un risultato del genere si definirebbe "bipartisan": in Cina non si può, perché il Partito comunista non ha un'opposizione e non si sottopone al giudizio popolare delle urne. Dietro la riforma c'è un ulteriore accentramento del controllo sull'economia.
A capo della macchina governativa, come primo ministro, sarà insediato domani Li Qiang, 63 anni, uomo che ha lavorato alle dipendenze di Xi Jinping in diverse province, durante l'ascesa del leader supremo. Arriva da Shanghai dove era capo del Partito e si è segnalato come dirigente attento alle esigenze del business anche privato e dei rapporti internazionali (ha aperto a Tesla le porte della megalopoli concedendo a Elon Musk incentivi per installare la sua giga-fabbrica di auto elettriche). Si dice però che sia fin troppo devoto a Xi: "Se il presidente gli dice di saltare, Li Qiang chiede solo: "quanto alto?", sostiene Joerg Wuttke, che guida la Camera di commercio europea a Pechino. Il suo primo compito sarà assicurare alla Cina una crescita di almeno il 5% quest'anno.